2010 DA TRIESTE AL MAR D’AZOV 4a PARTE

Lunedì  2 agosto

 Alle otto del mattino, quando stiamo andando a fare colazione, l’impiegata della reception mi dice che ha trovato un meccanico  che forse può aiutarci e che ci raggiungerà tra poco.

In realtà è un ragazzo che ha un amico che ripara motorini ma a me va bene qualsiasi cosa tanto pezzi di Vespa qui non ce ne sono, questo amico mi fa strada fino alla sua “officina” e li cerco di farmi capire spiegando il tipo di danno che ho subito.

Il posto è un loculo pieno di pezzi inutilizzabili di motorini, la temperatura, nonostante le prime ore del mattino, è già vicina ai 40°  ed io non vedo l’ora di iniziare a lavorare per risolvere almeno un pochi di problemi. Il ragazzo mi fa capire che non ha alcuna possibilità di trovare pezzi per la Vespa, mezzo che lui non conosce, in cambio però  lascia a mia disposizione la sua officina.

Mi metto subito al lavoro e dopo meno di mezz’ora ho in mano l’ammortizzatore e finalmente so esattamente quello che è successo; con il primo forte colpo si sono rotte le valvoline dell’ammortizzatore, con il secondo il distanziale ha sfondato il fondello.

Smonto la parte lesionata ed in qualche modo la ripristino, a martellate, saldando pezzi di ferro facendo quello che si può, quello che conta è che dopo un’ora la Vespa ha nuovamente un assetto decente ed il viaggio può riprendere. Tornati in albergo   raccogliamo le nostre cose ed alle due del pomeriggio lasciamo Burgas intenzionati a fermarci a Cerevo, una località balneare che dista non più di ottanta chilometri.

Per raggiungere il campeggio della cittadina dobbiamo percorrere una strada sterrata in pessime condizioni con buche profonde anche mezzo metro ma, nonostante questo, il posto è affollatissimo.

Visto che il campeggio è tutto occupato ci dicono di metterci li vicino su un prato, la gente è simpaticissima e tutti ci danno una mano, chi indicandoci il posto migliore per mettere la tenda chi offrendoci la loro doccia privata.

Martedì  3  agosto

 Rinfrancato dalla riparazione effettuata ci mettiamo in viaggio di prima mattina.

La strada che porta al confine con la Turchia a Malko Tarnovo è nuovamente un susseguirsi di buche collegate fra di loro dal catrame, 65 chilometri d’inferno.

Raggiungiamo il confine alle dieci del mattino ed in poco tempo abrighiamo tutte le formalità ed entriamo in Turchia.

La strada qui è nuova e ben asfaltata, priva di buche o avvallamenti che ci porta senza intoppi a Kirklareli e da li continua per Edirne.

Raggiunto il bivio di Babaesk decidiamo di restare sulla E87 fino ad Havsa da dove possiamo proseguire per Chanakkale.

Dopo aver percorso una decina di chilometri, all’altezza di Cukoköy ho avuto un incidente. La strada non è asfaltata come da noi ma viene fatta con uno strato di catrame sul quale pressano del pietrisco grossolano, il fatto che la strada è di colore bianco, senza alcuna segnaletica orizzontale per la definizione delle corsie e la luce particolarmente forte non mi hanno fatto vedere un avallamento del terreno che era stato riempito con ghiaia.

La ruota anteriore della Vespa, entrata nell’avvallamento, si è girata di colpo ed io sono stato sbalzato violentemente dalla sella. Per fortuna mi è andata ben, il casco e la visiera hanno retto all’impatto ma sulle pietre della strada mi sono procurato delle escoriazioni sulle mani e sul braccio sinistro, ed ho ricevuto un forte colpo sul ginocchio destro che è rimasto sotto la Vespa  ma nel complesso nulla di veramente grave.

In un momento difficile come questo, ancora una volta, ho trovato gente eccezionale. Nel tempo che Sandra mi ha aiutato ad uscire da sotto la Vespa, un pulmino si è fermato, hanno chiamato i soccorsi e mi hanno prestato le prime cure medicando  le ferite in attesa dell’ambulanza dove hanno fato salire anche Sandra.

Arrivati all’ospedale di Edirne ho fatto immediatamente le radiografie, la visita ortopedica e mi hanno fatto alcuni punti di sutura dove serviva  e tutto gratuitamente.

Prima di lasciare l’ospedale il chirurgo e l’ortopedico mi hanno detto che sono stato estremamente fortunato a non farmi nulla di grave ma che, per qualsiasi problema posso telefonare a loro che sono in servizio fino a tarda sera.

Uscito dall’ospedale sono stato preso in consegna dalla gendarmeria che mi ha portato nuovamente a Havsa, al comando dove avevano depositato tutte le nostre cose e dove ci hanno assicurato che i nostri scooter sono in luogo sicuro.

Mi hanno raccomandato di fermarmi ad Edirne e ci hanno dato il telefono della loro stazione per contattarli quando decidiamo di riprendere il viaggio.

Dopo mezz’ora arriviamo all’Hotel Khervanserai nel centro storico della città, una vera bellezza, io sto abbastanza male ma mi muovo lo stesso e, anche se zoppicante,  vado a fare un giro nel centro città per poi tornare quasi subito in albergo.

Mercoledì  4  agosto

La notte non è stata delle migliori e mi ritrovo la mattina tutto dolorante così decidiamo che è meglio restare ancora un giorno ad Edirne nella speranza che io riesca a recuperare il più possibile prima di riprendere il viaggio, ammesso ne sia capace. La scelta si rivelerà essere la migliore perché, a parte due brevi uscite per andare a mangiare qualcosa, passo il resto della giornata dormendo.

Giovedì  5 agosto

Si riparte, o perlomeno ci sono tutti i presupposti per farlo. Dopo aver sistemato le nostre cose telefoniamo alla Gendarmeria ed al taxi che ci deve riportare ad Havsa.

I poliziotti ci stavano aspettando e, gentilissimi ci hanno ridato tutte le cose che avevamo lasciato presso la loro caserma poi, preso il pulmino di servizio ci hanno fatto salire assieme ad una scorta e siamo partiti.

Fa un po’ impressione viaggiare con gente armata soprattutto perché non siamo abituati a vedere la polizia imbracciare le armi, ma sono ragazzi gentilissimi e cordiali.

Raggiunto il luogo dell’incidente  imboccano una stradina sterrata che porta al paesino di Cukuš Kay dove, entrano nel cortile di una casa colonica e si fermano.

Ci viene incontro un contadino e sua moglie che ci salutano come vecchi amici e ci portano dalle nostre moto. Probabilmente ai loro occhi sembra strano vedermi fasciato come una mummia mentre valuto le condizioni della Vespa, ma io non me ne accorgo, è più importante stabilire i danni. Dopo aver legato con il nastro adesivo la copertura del faro che è rotta do un colpo al pedale dell’accensione e subito sento il tranquillo scoppiettio del motore. Nel frattempo la moglie del contadino ha sistemato un poche di seggiole attorno al  grande tavolo  sotto la pergola ed ha  messo una brocca contenente  airam, dell’acqua minerale e aranciata invitandoci a sedere.

Rimaniamo il tempo di fare un documento che attesta la restituzione dei mezzi poi, sistemati i bagagli facciamo una fotografia tutti assieme e ci scambiamo gli indirizzi di posta elettronica ed infine ci salutiamo. Il capo pattuglia, un ragazzo davvero simpatico mi regala il suo accendino con la bandiera turca quale ricordo dell’incontro, io gli do quello che ho, una torcia elettrica, segni questi che attestano stima ed affetto reciproci.

Abbiamo deciso di fare la strada più breve per tornare a casa passando per Plovdiv, Sofia, Nis, Belgrado ma sono sempre 1.600 chilometri e non so ancora come si comporteranno i punti di sutura che ho sulle mani. Dopo qualche chilometro in direzione Edirne vedo che nonostante tutto riesco a guidare, devo solo fare attenzione a non fare frenate improvvise perché muovo a fatica la gamba destra e quindi il freno posteriore e la mano destra pizzica ogni volta che stringo la leva del freno.

Superato Edirne seguo le indicazioni per il “Bulgaristan” come lo chiamano i turchi che dista circa 10 Km da dove siamo. A cinque chilometri dal confine inizia la fila delle macchine che superiamo per arrivare appena al controllo passaporti turco ma a questo  punto le file da due diventano dieci, tutte compatte e lunghissime.

Molta gente è in strada fuori dalla macchina nonostante il sole cocente, altri sono barricati in auto con il condizionatore al massimo ma tutti sono esasperati dall’attesa.

Lasciamo gli scooter tra le macchine ad andiamo a piedi al controllo documenti che è rapido, poi però non sappiamo cosa fare perché siamo imbottigliati tra centinaia di auto. Un ragazzo bulgaro che ci ha visti perplessi ci dice che ci conviene andare sul marciapiedi altrimenti stiamo ore li ad aspettare per nulla.

Il cordolo del marciapiedi è altissimo, almeno 15centimetri ed io ho paura di forzare la mano ma non ho scelta e non senza qualche timore riesco a portare la Vespa poi l’SH di Sandra sul marciapiedi e da li procediamo spediti nella terra di nessuno.

Dobbiamo salire e scendere sui marciapiedi almeno tre volte ma alla fine, dopo aver percorso non meno di 300 metri  raggiungiamo l’inizio della fila.

Le auto che abbiamo appena superato, con un fronte di almeno 50 metri, non è la fila del confine bulgaro ma quella che, gestita dalla polizia, permette di accedere alla fila dei controlli, altri 100 metri!

Quando i poliziotti ci vedono scendere dal marciapiedi ci fanno segno di procedere così raggiungiamo il posto di blocco bulgaro dove ci fermiamo per il controllo documenti.

La corsia preferenziale per i cittadini UE esiste, ma non la rispetta nessuno ed il motivo di tanta lentezza sono i minuziosi controlli doganali su ogni mezzo che passa, ricorda molto le file che facevo al confine jugoslavo tanti anni fa!

Mi fermo a parlare con un signore bulgaro che mi dice che è in fila da 5 ore e che spera entro un’altra ora di passare il confine. Passiamo velocemente il controllo, almeno in questo è servito avere documenti europei, ed andiamo a cambiare un po’ di denaro in valuta locale, facciamo uno spuntino ed il pieno di benzina poi imbocchiamo la E80 che porta direttamente a Plovdiv.

A mezzogiorno facciamo una sosta pranzo a Harmanli poi riprendiamo il viaggio.

La strada è buona e  questo ci permette di mantenere una velocità di marcia costante a 80 Km/h  buonissima ed inaspettata. Alle cinque del pomeriggio siamo a Plovdiv città che non offre molto al turista; gran parte delle costruzioni che vediamo sono caseggiati del periodo comunista, tutti uguali, tutti grigi fatta eccezione per la zona pedonale del centro storico, una strada costeggiata da case antiche e da negozi di lusso.

Ci sediamo in un caffè del centro a bere una bibita poi ripartiamo con l’intenzione di guidare ancora per un’ora per poi fermarci nel primo albergo che troviamo.

Nonostante le nostre buone intenzioni dobbiamo proseguire fino a Sofia perché lungo la strada non troviamo nessuna indicazione di alberghi.

Alle nove di sera siamo alla periferia della capitale e troviamo un hotel nuovo davvero bello dove ci fermiamo. Abbiamo guidato per 12 ore percorrendo più di 400 chilometri e siamo stanchi, dopo aver cenato andiamo in camera e ci addormentiamo dopo che Sandra mi ha rifatto 5 medicazioni, una buona ora di lavoro.

Venerdì  6 agosto

 Dopo aver fatto colazione partiamo, sono le sette del mattino e sappiamo che ci aspetta un lungo e noioso viaggio di avvicinamento a casa.  La strada che porta alla circonvallazione della città è pessima e piena di buche molto profonde dovute al traffico dei camion che qui è allucinante. Il confine serbo dista da qui circa 70 Km che percorriamo senza troppi problemi ma raggiunto il confine la scena del giorno precedente puntualmente si ripete. Superiamo centinaia di automobili e camion ed alla fine raggiungiamo il gabbiotto del controllo documenti dove ci lasciano passare senza nemmeno guardarci.

Continuiamo a percorre la E80 e, se anche la qualità della strada è decisamente migliore, non lo è certo il traffico. Alla una del pomeriggio raggiungiamo Pirot dove facciamo una sosta per il pranzo e per riposare un po’ ma il tempo sta cambiando velocemente e nell’arco di un’ora il cielo si è riempito di nuvolosi neri che non promettono nulla di buono.

Ci rimettiamo in marcia in direzione di Niš  ma percorsi una decina di chilometri si scatena un vero e proprio nubifragio. Mi metto due borse di nylon sulle mani per non bagnare le fasciature e dopo un paio di chilometri riusciamo a raggiungere un caffè/officina dove ci sistemiamo sotto una tettoia e per un’ora aspettiamo che smetta di piovere.

La pioggia smette e noi ripartiamo, sembra che sia finito lo stratempo  ma è solo una pausa, una seconda perturbazione arriva all’improvviso ed è molto più violenta della precedente con l’aggiunta di grandine. Quando inizia la grandine stiamo percorrendo un tratto di strada che è stata scavata nella roccia in una gola, il traffico è bloccato ma riusciamo a trovare riparo posteggiando i mezzi  sotto queste tettoie di pietra.

Rimaniamo una buona mezz’ora fermi poi, lentamente, le auto ed i camion cominciano a muoversi ed anche noi possiamo farlo. Ha smesso di piovere ma sappiamo che è una tregua. Proseguiamo per una decina di chilometri guardando il cielo che ogni istante diventa più scuro e, a  Sicevo vediamo un albergo dove ci fermiamo, un posto decoroso ed a buon mercato.

Sono le 4 del pomeriggio ed abbiamo percorso in tutto 175 Km, da una parte mi secca dovermi fermare così presto dall’altra so che è l’unica scelta possibile.

Sabato  7 agosto

 Questa mattina il sole riesce a farsi vedere tra le nuvole e non piove e questa è già una buona premessa. Raggiunta Niš ci fermiamo a fare un giro in città e con nostra sorpresa troviamo il centro e le sponde del fiume Morava trasformati in un enorme mercatino delle pulci da centinaia venditori ambulanti. Passiamo un’ora a gironzolare tra la gente poi riprendiamo il viaggio in direzione di Beograd (Belgrado) che superiamo nel primo pomeriggio.

Continuiamo in direzione del confine con la Croazia e ci fermiamo in serata a Zupanya, una cittadina proprio a ridosso di questo confine. Non senza qualche difficoltà troviamo l’Hotel Jelen, l’unico della cittadina, un albergo di fine ottocento che ha conosciuto pochissime manutenzioni e, essendo l’unico della zona, pratica dei prezzi decisamente alti per la qualità del servizio che è in grado di offrire. Oggi è stata una giornata faticosa, abbiamo guidato per 500  chilometri  ma d’altra parte non abbiamo molta scelta.

Domenica  8 agosto

 Alle prime luci dell’alba siamo già in viaggio, oggi vogliamo dormire a casa nostra ma mancano ancora 550 Km. Passato il confine tra Serbia e Croazia procediamo speditamente fino a Zagreb (Zagabria)  che passiamo senza fermarci. Proseguiamo fino al confine con la Slovenia che raggiungiamo nel primo pomeriggio. Quando siamo a Ljubljana (Lubiana) ci sentiamo già a casa ed alle sette di sera,  posteggiamo i nostri mezzi sotto casa.

Siamo stanchi ma felici soprattutto perché nonostante le disavventure siamo riusciti a portare a termine il nostro viaggio nei tempi previsti.

Questa avventura è così terminata, ora non resta che prepararci per la prossima !

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